Magic in the moonlight: Allen racconta la magia dell’amore

Woody Allen torna alla commedia romantica come regista e sceneggiatore di Magic in the Moonlight, interpretato da Colin Firth e Emma Stone. Siamo negli anni ’20, un tuffo nel passato che ricorda Midnight in Paris, nel periodo in cui inizia a diffondersi la psicanalisi di Freud e tutto il film cerca di rispondere all’eterna domanda: è meglio seguire il cuore o la ragione?

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La magia del titolo è quella di Stanley Crawford, mago e illusionista ma uomo razionale e cinico nella vita, che si imbatte in Sophie, medium graziosa e sognatrice. La ragazza riesce a far vacillare le convinzioni di Stanley e a fargli pensare che forse l’amore, la speranza, i sogni, servono a qualcosa. Un film leggero, certamente non il migliore del regista che ormai da anni sembra aver perso il suo tocco magico, ma comunque godibile, disseminato di indizi sulle passioni di Allen stesso, dal jazz a Nitche, alle decappottabili.

Qualche battuta cinica e fulminante e poi tanti paesaggi magnificamente inquadrati, con una Costa Azzurra a fare da sfondo a questa riscoperta dell’amore. Sicuramente manca di mordente, il regista poteva osare di più lasciando spazio al cinismo e alla crudeltà, come ci aveva abituati con Match Point o Blue Jasmine, ma questa volta ha deciso di far trionfare l’amore, nel suo termine più assoluto. I dialoghi affrontano per tutto il film temi importanti, ma la narrazione non è mai pensante né scontata e questo, bisogna dargliene atto, è uno dei più grandi pregi del regista.

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