Paolo Virzì, Il capitale umano: ambizioni e miseria di una Brianza invernale

Che bello quando il cinema italiano decide di tradursi in sfida, lasciandosi alle spalle le rassicuranti tradizioni e alzando il tiro. Non succede spesso, ma quando succede è un piacere per gli occhi e per il cuore. Paolo Virzì l’ha fatto: si è allontanato dai confini, anzi li ha spostati in avanti. Ha corso il rischio. Poteva andare male, invece andrà bene. Andrà bene di sicuro, perché Il capitale umano (in uscita il 9 gennaio per un totale di circa 400 copie) è un film che ha tutte le lettere maiuscole. Un cast di prim’ordine, composto da talenti ormai noti – ma che vengono riscoperti ogni volta con estremo gusto – ed emergenti con la recitazione nelle viscere. Valeria Bruni Tedeschi – “creatura pazzesca”, la definisce Virzì – veste i panni di Carla Bernaschi, donna che un tempo calcava le scene teatrali ma poi ha rinunciato per mancanza di coraggio ed è riuscita a mettere a segno un gran bel colpo dal punto di vista economico. Sì, perché suo marito Giovanni è un mago della finanza tossica traboccante di denaro e di pensieri inespressi, che ha il volto di Fabrizio Gifuni. E poi c’è un irriconoscibile Fabrizio Bentivoglio, che ha occultato il suo fascino per infilarsi nei panni di un “mostro”, l’immobiliarista Dino Ossola, tanto ambizioso da diventare cieco e sfiorare i limiti della macchietta. Valeria Golino è Roberta Morelli, la donna che gli sta accanto pur non avendo con lui nulla in comune. Una mamma in tutti i sensi e in tutte le declinazioni temporali.

Bello vedere Luigi Lo Cascio alias Donato Russomanno, un “professorino” di Storia del teatro che ha un fuoco ben nascosto dentro di sé e finisce per restarne scottato. E vien da chiedersi fino a che punto la “normalità” sia autentica o simulata, una copertina di Linus che serve a proteggersi dai mali del mondo ma che può strapparsi da un momento all’altro. Giovanni Anzaldo traduce in sguardi e gesti le inquietudini di Luca Ambrosini, adolescente ai margini ma in realtà dotato di un cuore fin troppo palpitante. Che cerca di risolversi ma ha bisogno dell’amore per restare in vita. Matilde Gioli non l’immaginava mica, che avrebbe avuto un ruolo importante in un film. Un film di Virzì. Eppure è successo e lei stupisce; per la sua somiglianza con Angelina Jolie e per la sicurezza con cui si muove davanti alla macchina da presa. Come lei, anche Guglielmo Pinelli studia all’Università e s’è ritrovato sul set quasi per caso. Mai sottovalutarlo, il caso.

PAOLO VIRZI’, IL CAPITALE UMANO: GUARDA IL TRAILER

Il Capitale umano è una libera trasposizione dell’omonimo thriller scritto da Stephen Amidon, Virzì firma anche la sceneggiatura insieme a Francesco Bruni e Francesco Piccolo. Il libro è ambientato nel Connecticut, il film nella Brianza ma le atmosfere sono ugualmente inquietanti: “per me – spiega il regista – la Brianza era un territorio esotico, misterioso ed enigmatico“. Piove, nella pellicola di Paolo. Fuori e dentro, sotto e sopra. Nevica e fa freddo, il cielo è spesso scuro come l’animo e l’altra faccia dei personaggi. Per un motivo o un altro: “Ciò che mi ha più colpito di Carla – dice la Bruni Tedeschi – è la sua grande solitudine. E poi il fatto che abbia messo un coperchio sui sogni: è qualcosa che conosco e che mi commuove. Lei diventa anche crudele nel momento in cui si sente annegare, succede a tutti noi. Anche questa è una cosa che conosco“.

La mia sfida – fa eco Valeria Golino – è stata quella di dare credibilità a un uomo come Dino. Trovare il bene fra loro, tra due persone che non avrebbero avuto molto da dirsi. Lei è giudiziosa, coerente; lui prevaricante, indifferente. Eppure fra loro si crea un rapporto solido. Roberta è materna con Dino. Protettiva“. “Dino – aggiunge Bentivoglio – non sa di essere un mostro. Per costruirlo, siamo partiti da una riflessione: se c’è un capitale umano, c’è anche un capitale disumano. Il confine si supera facilmente. Dino non percepisce la sua mostruosità e anzi è convinto di agire a fin di bene. Per sua figlia e per la sua compagna che sta per avere due gemelli. In fondo, è un personaggio smisuratamente… Normale“.

Gifuni lo ammette con chiarezza: si è divertito a interpretare Giovanni. Motivo principale? “Raramente per il cinema mi è stato chiesto di mettere in campo la parte più livida e oscura. Storta, sporca“. Gliel’ha chiesto Virzì e lui – uomo di teatro – l’ha fatto con estrema credibilità, calibrando carisma e violenza. Il thriller, condito da un pizzico di humour nero dal sapore americano, si snoda nell’arco di tre capitoli che raccontano lo stesso lasso di tempo attraverso tre punti di vista differenti; la chiave di volta è un incidente stradale in cui un ciclista perde la vita e che – per motivo diversi – sconvolge l’esistenza di due famiglie: “Mi interessava – commenta Virzì – far emergere alcune questioni riguardanti il mondo benestante non attraverso proclami, ma con un racconto che si sviluppasse in modo naturale. Il puzzle alla base della vicenda è un’occasione per indagare su queste persone e imbattersi anche in significati e considerazioni impreviste“. Avidità, solitudine, competizione, ricchezza, conflitti sociali e generazionali: Il capitale umano allestisce la sua scena e catalizza l’attenzione dello spettatore. Virzì ha fatto centro.

Foto by Velvet Cinema

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