Vincenzo Alfieri: “Felicemente schiavo del mio lavoro”

Vincenzo Alfieri ha sempre avuto le idee ben chiare. Fin da quando, ragazzino, realizzava corti nella sua camera. Lui sapeva che il cinema sarebbe diventato il suo mestiere, anzi la sua vita. Ma non ha voluto lasciare nulla al caso, anzi s’è rimboccato presto le maniche: a dodici anni ha cominciato a studiare recitazione al teatro Salesiano di Caserta, poi si è iscritto ai corsi di Beatrice Bracco a Roma; successivamente ha deciso di volare fino a New York e Los Angeles per frequentare alcuni master. Ha lavorato per pellicole come Il cuore altrove di Pupi Avati, Ex di Fausto Brizzi, Manuale d’amore 3 di Giovanni Veronesi; e per molte serie tv fra cui Incantesimo, Carabinieri, Gente di mare, Distretto di polizia, Il Commissario Rex, Titanic.

Dal 2008 Vincenzo ha cominciato a muovere passi anche nel mondo del doppiaggio, senza mai smettere di scrivere sceneggiature: una di queste è uscita dal cassetto per dar vita a Forse sono io, web series in otto puntate che lui stesso ha diretto e prodotto. E mica finisce qua. Vincenzo è laureato in Economia e Scienze Politiche, suona tre strumenti musicali e pratica arti marziali. Un vulcano. Sì, un giovane vulcano che dal 13 giugno sarà nelle sale con il film di Luigi Cecinelli Niente può fermarci, del cui cast fanno parte anche Mariachiara Augenti, Emanuele Propizio, Vinicio Marchioni, Federico Costantini, Guglielmo Amendola, Gérard Depardieu, Carolina Crescentini, Vincenzo Salemme, Serena Autieri, Eva Riccobono e Gianmarco Tognazzi.

Tu sei uno dei quattro giovani protagonisti affetti da altrettante patologie.
Sì, il mio personaggio ha la sindrome di Tourette: è una malattia che si sviluppa in diverse forme, lui quando si arrabbia è scosso da spasmi violenti e dice molte parolacce.

LE FOTO DI VINCENZO ALFIERI

Come ti sei preparato?
Ho letto tanto sull’argomento e visto parecchi video su Youtube: è stato un lungo lavoro di ricerca. E’ un ruolo complesso, nella maggior parte dei casi tornavo a casa con il mal di testa, ma anche bellissimo. E devo dire che il regista mi ha lasciato carta bianca. Certo, sono anche un po’ preoccupato…

Perché?
Mi chiedo se piacerà, a me è toccata la patologia più complicata. Però ho dato del mio meglio, questo è certo.

Adesso sei su un altro set.
Sì, sto girando la fiction “I segreti di Borgo Larici” con Giulio Berruti e Serena Iansiti. Faccio la parte di un cameriere napoletano che, per amore, combina un bel po’ di guai…

Tu reciti da sempre.
Più o meno, sì (sorride, ndr). Ho iniziato che ero molto piccolo e per fortuna non ho mai smesso. Lavoro tutti gli anni; certo, non si tratta si ruoli sempre importanti… Accetto anche quelli piccoli, purché siano interessanti.

Perché hai deciso di studiare in America? Trovi che qui non ci sia modo per prepararsi adeguatamente?
No, non è questo il motivo. Ho studiato sia lì che qui e continuo a farlo. Sono andato a New York e poi a Los Angeles per confrontarmi con realtà diverse e acquisire ulteriori strumenti. E poi amo recitare in inglese.

Il mestiere dell’attore affascina tanti giovani. E tanti aspirano a farlo senza alcuna gavetta ma, magari, semplicemente uscendo da un reality oppure dopo qualche comparsata televisiva… Ti fa rabbia?
No, ognuno fa il percorso che ritiene giusto. Vero, questo è un lavoro che attrae la gente, ma per farlo credo siano necessari tre elementi: il talento, lo studio e un’enorme passione. Anche perché non non è remunerativo come molti pensano, a meno che non si arrivi a certi livelli. E arrivati a certi livelli, bisogna mantenerli. Il mestiere dell’attore è psicologicamente massacrante: devi fare continuamente provini, rischi spesso di trascorrere periodi da disoccupato, ci vuole tantissima resistenza. Non è tutto un red carpet…

Tu hai mai avuto qualche cedimento?
No. Nonostante tutto, nonostante le complicazioni e le difficoltà, per me questo è il lavoro più bello del mondo. E’ come essere innamorati… Se è amore vero, continua anche se la storia finisce.

Il regista con cui più ti piacerebbe lavorare?
Marco Tullio Giordana.

Hai debuttato anche come regista con la web series Forse sono io.
Sì, anche se non posso certo definirmi un regista. Ho molta esperienza sul campo, nel senso che da sempre cerco di “rubare” a chi mi dirige sul set; ma la strada è ancora lunga.

Che tipo è Vincenzo, al di là del suo lavoro?
Beh, sono un tipo pignolo, caparbio, emotivo. Un po’ duro, forse: è complicato starmi appresso. Non sono lunatico, però posso cambiare idea completamente. Sono pesante, per certi versi, non incarno il “classico” 27enne. E sono completamente, felicemente schiavo del mio lavoro.

La tua utopia?
Poter fare sempre quello che mi piace.

Foto per gentile concessione di V.A.

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