Walt Disney Animation: la fine di un’era

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La notizia è di qualche giorno fa, ma ci è occorso qualche tempo per metabolizzarla nel modo corretto. Durante l’assemblea degli azionisti della Disney svoltasi il 5 marzo, il CEO Bob Iger ha comunicato agli stakeholder che nessuno degli studi di animazione della corporation è attualmente al lavoro su lungometraggi animati realizzati con la classica tecnica del disegno a mano libera. Tradotto in parole concrete, per i prossimi 3-5 anni non c’è da aspettarsi un film d’animazione classica da parte della Disney.

E’ la fine di un’era. Walt Disney ha fondato le basi della sua azienda nei primi pioneristici cortometraggi animati degli anni ’20 del secolo scorso. Poi le “Silly Simphonies“, i piccoli cartoon con i classici personaggi Disney dell’universo di Topolina e Paperopoli. Nel 1937 la realizzazione di “Biancaneve e i sette nani” era considerata da tutti una “follia”, eppure divenne un classico e con cadenza quasi annuale fino a pochi anni fa la Disney ha presentato nelle sale sempre un nuovo film animato. La lista è lunghissima, e si tratta di titoli a tutti noti, come tra gli altri “Cenerentola“, “Bambi“, “Dumbo“, “Gli Aristogatti“, “La Carica dei 101“, “Robin Hood“, fino ai più recenti “Aladdin“, “La Sirenetta“, “Il Re Leone“. I film d’animazione Disney sono stati per più generazioni un viatico verso l’età adulta. Molti di noi ancora li ricordano, o li fanno vedere ai propri figli. Ci hanno commosso ed emozionato, hanno rapito la nostra fantasia da bambini e indubbiamente hanno formato in noi un background condiviso.

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L’ultimo lungometraggio animato disegnato a mano in bidimensionale degno di nota è stato “La principessa e ranocchio” nel 2009, film che ottenne anche un buon successo commerciale. Di li in poi quasi un lungo silenzio, fino all’annuncio ufficale di pochi giorni fa. Le motivazioni sono varie e tutte facilmente comprensibili: da un lato il peso della Pixar, fondata tra gli altri da Steve Jobs, con i suoi lungometraggi in computer grafica è sempre maggiore sia nel listino Disney come incassi che nel mondo dell’animazione in generale: la Dreamworks Animation, con alle spalle il golem Steven Spielberg, è da anni in una serrata ma amichevole lotta all’ultimo botteghino con la Pixar; dall’altro c’è una generazione di pubblico ormai avvezza a concepire l’animazione come un prodotto realizzato con una certa estetica tramite computer grafica, e parimenti c’è una generazione di artisti che ormai utilizza esclusivamente il computer per disegnare ed esprimersi. L’annuncio di Bob Iger è dunque un segno dei tempi, che chiaramente prima o poi sarebbe dovuto comunque arrivare, ma che ci colpisce come uno schiaffo, come la definitiva certezza che il tempo che fu è passato.

L’ultimo esempio di animazione tradizionale della Disney, il cortometraggio “Paperman”, era comunque un ibrido tra 2D e 3D, presentato al pubblico in sala prima del film “Ralph Spaccatutto“, riuscitissimo cartoon 3D dello scorso inverno. In questa ottica, l’Oscar ottenuto dal corto poche settimane fa suona quasi come un riconoscimento postumo ad un certo modo di fare animazione, che per decenni ha conquistato i cuori di grandi e piccini. La Disney è morta, lunga vita alla Disney.

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