#Review – “Django Unchained” è il film meno tarantiniano di Quentin Tarantino

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Django Unchained” è davvero un bel film? Al botteghino sta spopolando, ma dobbiamo cercare di capire se merita sul serio. Sono passati alcuni giorni, e le emozioni si sono sedimentate a dovere. Eppure è rimasto il tarlo del dubbio.

La domanda sorge perchè ci siamo goduti la proiezione in una di quelle gloriose sale romane autogestite che vorrebbero far diventare un centro commerciale, con le poltrone vecchie, l’odore di cibarie stantie, la gente allegramente vociante attorno, e la solida compagnia di fedelissimi a Zio Quentin. Ebbene, il film ha tenuto da dio la durata, nemmeno leggera, di tre ore. Non sbadigliare è un caso raro nelle ultime volte che ci siamo accostati a Tarantino. Adesso non fraintendete. Qui Tarantino lo idolatriamo. “Le Iene” dovrebbe essere il viatico di qualunque storia d’amore: “Se vuoi stare con me o ci guardiamo assieme in religioso silenzio ‘Le Iene’ almeno una volta, oppure puoi tranquillamente andare da dove sei venuta!”. E le prime turbe sessuali dovrebbero per tutti essere accompagnate dall’orgasmo mentale del ricollegare per la prima volta nella vita la scena iniziale di “Pulp Fiction” a quella finale. Capito cosa intendiamo per idolatrare Quentin Tarantino? Ecco. Dunque il nostro dubbio è: sarà stata l’atmosfera propizia, oppure davvero Quentin non ci ha deluso?

Alzi la mano chi ha visto più di due volte “Death Proof“. Mmm… Alzi la mano chi ha visto più di tre volte “Bastardi Senza Gloria“. Ecco già qualcuno di più. Alzi la mano chi rivedrebbe altri film di Tarantino ad libitum? Ecco la marea di mani che volevo. Credo di aver espresso chiaramente la mia posizione. Tarantino, quando non ha idee, rischia di gigioneggiare. Prende, e perde, tempo infarcendo minuti di pellicola di dialoghi totalmente vuoti e fini a sè stessi, che esaltano solo il suo gusto per le inquadrature e per la sodomia verso il pubblico. Fiumana adorante che sta li, a bocca aperta, ad aspettare un colpo di scena dopo ogni battuta, e che invece resta a inghiottire mosche per almeno quindici minuti senza un vero perchè. Però, che genio che è Tarantino!

Tarantino non è un dio, è solo un uomo. Quindi, sbaglia. E certe volte, come tutti, scazza di brutto e decide di tirar via le cose tanto per fare. Ecco, “Django Unchained” non ha parti tanto per fare. Tutto è ragionato e soppesato al millimetro, già un buon inizio. “Django” inoltre ha probabilmente i “cattivi” più odiosi e ridicolizzati di tutta la produzione tarantiniana. In barba alle chiacchiere sull’oscenità e sul razzismo, “Django Unchained” fa provare sincera empatia dello spettatore verso gli oppressi, e un odio viscerale per i negrieri. Una franca risata seppellisce il KKK, e va bene così. Altro che “Lincoln“, questa era la schiavitù: misera, brutta e puzzolente. Ed è Tarantino ad averla sconfitta, per sempre.

Pregevoli anche le scelte visive, citazioniste quanto basta per far capire che è uno spaghetti-western misto a mondo-movie, in onore anche del cameo di Franco Nero che passa il testimone di Django a Jamie Foxx, offrendogli il ruolo della vita. E’ un film che, soprattutto, incede costante e lineare, come deve essere un western. E come non è mai stato Tarantino: qui i flashback ad esempio sono ridotti al minimo sindacale.

Ottimi anche i dialoghi: ampollosi, compiaciuti, ma lunghi quel giusto per non risultare pesanti, e sempre carichi di una densa tensione di fondo, con la suspance che non viene disattesa, specie nelle scene in cui Christoph Waltz e Leonardo Di Caprio schermagliano intellettualmente. Parentesi: Waltz delizioso, un paio tacche sopra “Bastardi”, Leonardo Di Caprio mostruoso, letteralmente mostruoso, dovrebbe fare il cattivo sempre.

Se lo scopo di Quentin Tarantino era fare un buon film solido, rischiando anche di snaturare sè stesso o la percezione che di lui ha il pubblico zelota, ci è riuscito pienamente. Si, “Django Unchained” merita. Non è Tarantino vulcanico degli albori. Non è neanche un Tarantino malato di tarantinite. Ora è più vecchio e pingue, e più maturo. Sta invecchiando bene.

“Django Unchained” di Quentin Tarantino
Il Semaforo: Luce Verde

Abbiamo dedicato una gallery di foto a “Django Unchained”, la trovate cliccando qui.

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